20. Capire o conoscere


Anche tra credenti capita spesso di sentire che qualcuno vorrebbe capire il Signore. Ad esempio, vedendo tutto il male che c’è nel mondo, vorrebbe capire perché Dio lo permette. Vorrebbe capire perché il Signore non elargisce le grazie richieste nel tempo e nei modi “suggeriti” nella preghiera. Vorrebbe capire come Dio agisce nella storia e, forse ingenuamente, crede che, se potesse capire, potrebbe avere più fiducia in Dio.

Io non credo che le cose stiano così. Innanzitutto mi sembra che sia presunzione voler capire il Signore, perché Lui è infinitamente più Grande di noi. Infatti possiamo capire quelli che sono nostro pari o più piccoli di noi. E, se ricordiamo bene, anche nelle nostre famiglie, quando eravamo bambini, non riuscivamo a comprendere i discorsi degli adulti. Anche oggi non siamo in grado di capire le persone che hanno istruzione e competenze superiori alle nostre. Non è dunque presunzione che noi, poveri peccatori, pretendiamo di capire il nostro Dio, Santo, Creatore, Redentore e Santificatore?

Ma c’è di più: la pretesa di capire Dio è un atteggiamento di arroganza e di superbia. Ripensiamo un attimo ad Adamo che, dopo il peccato, si nascose e disse a Dio: “Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto” (Genesi 3,10). Prima del peccato Adamo non aveva paura di Dio e non sapeva di essere nudo. L’affermazione, invece, che fa dopo il peccato è un giudizio sottinteso verso Dio che non aveva coperto le sue nudità, causandogli così paura e vergogna. Con quelle parole Adamo giustifica se stesso e incolpa Dio del suo disagio.

Anche noi siamo peccatori e, più o meno consapevolmente, possiamo accusare Dio, in tutto o in parte, del male che vediamo nelle nostre vite e nel mondo. Infatti, anche se diciamo, giustamente, che il male è il frutto dei peccati dell’umanità, ne possiamo fare, in un certo senso, corresponsabile il Signore, perché lo permette invece di impedirlo. E allora sorgono molte domande sul motivo per cui il Signore permette il male e, soprattutto, la sofferenza degli innocenti. Questo atteggiamento di voler capire cose più grandi di noi è molto diffuso e, a mio avviso, molto deleterio per il cammino spirituale.

Cosa dobbiamo fare? Ricordiamo che, come ci insegna il catechismo di San Pio X, siamo stati creati per conoscere, amare e servire Dio. Dobbiamo quindi convertirci non cercando più di capire Dio, ma cercando, invece, di conoscerlo. Come? Troviamo la risposta in Giacomo 4,6-7: “Dio resiste ai superbi; agli umili invece dà la sua grazia. Sottomettetevi dunque a Dio; resistete al diavolo, ed egli fuggirà da voi.”

Si rende necessario tornare umilmente al Signore, riconoscendo i nostri peccati, chiedendo perdono e grazia di conversione. Non stanchiamoci mai di udire e rispondere all’appello misericordioso di Gesù: “Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero”.(Matteo  11,28-30)

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