La famiglia


“Se poi qualcuno non si prende cura dei suoi cari, soprattutto di quelli della sua famiglia, costui ha rinnegato la fede ed è peggiore di un infedele”. ( 1 Timoteo 5,8)

La maggioranza di noi ha risposto alla chiamata alla fede in un tempo diverso rispetto agli altri componenti della sua famiglia. Per alcuni, addirittura, c’è la solitudine nel cammino di fede perché i familiari non sono ancora stati afferrati dall’Amore di Cristo. Molti vedono nel loro quotidiano la difficoltà concreta di vivere con il coniuge non ancora convertito o che ha uno stato personale diverso di spiritualità.

Prima di tutto, bisognerebbe non ignorare il problema, ma metterlo umilmente nelle Mani del Signore, perché Lui, che scruta i cuori, ci guidi secondo la sua Volontà. Accade spesso che uno dei due coniugi preghi con insistenza il Signore per la conversione dell’altro, questa è cosa buona, perché il Signore può e vuole servirsi di noi, che siamo suoi strumenti, prima di tutto nell’ambiente in cui viviamo e in modo particolare nelle nostre famiglie.

Le parole dell’apostolo Paolo non ammettono mezze misure, né ripiegamenti egoistici su se stessi per le incomprensioni che i credenti possono talvolta incontrare nell’esercizio della carità verso il prossimo. Questo argomento ci tocca tutti da vicino, ci interpella singolarmente ed esige una risposta. Può accadere che ci risulti più facile essere caritatevoli verso persone estranee o conosciute da poco, rispetto ai nostri familiari. Il Signore sa e comprende le nostre difficoltà perché, spesso, portiamo sulle spalle il fardello dei nostri tristi ricordi e delle nostre ferite interiori.

Non dimentichiamo che anche gli altri hanno questi pesi da portare e che il Signore vuole unirci tutti nel suo Nome. Se pensiamo di essere “più avanti” nel cammino di fede, dovremmo dimostrarlo con le opere di misericordia verso tutti. Non siamo cristiani – part-time – ma a tempo pieno e non potremo portare buona testimonianza se non abbiamo risolto i nostri   conflitti personali e familiari.

Impariamo a portare e ad affidare ogni giorno la nostra vita, con i suoi eventi e le sue problematiche, al Signore, che si prende cura di noi, e così sapremo portare solo il suo giogo, che è dolce e soave.

Qualcuno potrebbe obiettare che “nessun profeta è bene accetto in patria” (Lc 4,24), e anche questa è verità, ma noi, seguendo il Signore, siamo chiamati a saldare ogni incrinatura che possa portare divisione e per essere strumenti di Amore.

Non dimentichiamo che Gesù ama perfettamente i peccatori e odia perfettamente il peccato.  Lui è il nostro Maestro e Signore e noi cerchiamo di seguirlo.

La Scrittura ci dice che dobbiamo “prenderci cura” dei nostri cari. Come? Come Dio ha cura di noi. Ripeto: le mezze misure sono indice di tiepidezza che fanno vomitare il Signore (Apocalisse 3,16)

Riflettiamo, dunque, su come il Signore è venuto da noi e prendiamo come riferimento il capitolo 9 di Matteo:

10 Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubbli-cani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Udito questo disse:  «Non sono i sani che hanno bisogno del medi-co, ma i malati.  Andate a imparare  cosa vuol dire: Misericordia io voglio e non sacrificio. Io non sono venuto infatti a chiamare i giu-sti, ma i peccatori». Allora gli si accostarono i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché  noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?».  E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finchè lo sposo è con loro? Ma verranno  giorni quando lo sposo sarà loro tolto e allora digiuneranno.  Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché il rattoppo porta via qualcosa del vestito e lo strappo diventa peggiore.

 

Il mangiare insieme è un segno di comunione. Gesù non ha paura di “sporcarsi”, come invece l’ebbe la sposa del Cantico che, nel suo indugiare, fece sì che lo sposo se ne andasse. Poi  si addolorò per la sua scomparsa, lo cercò senza trovarlo e lo chiamò senza ottenere risposta. (Cantico dei cantici 5,2-6)

Gesù viene a noi anche nelle persone dei nostri familiari e ci interpella anche per mezzo dei loro bisogni e delle loro parole. Se veniamo ripresi non diciamo: “Da quale pulpito viene la predica”, ma mettiamoci umilmente in preghiera e chiediamo allo Spirito Santo di mostrarci i nostri sbagli e di correggerci, secondo il Volere di Dio. Cerchiamo di diventare umili.

Gesù è venuto a noi, ci ha chiamato quando eravamo peccatori. Non dimentichiamo che commettiamo ancora tanti peccati, tuttavia Gesù vuole servirsi di noi, come strumenti di Misericordia, soprattutto nelle nostre famiglie. Per questo ho detto che siamo  chiamati ad avere cura dei nostri cari, come Gesù ha cura di noi. Questo obiettivo non è impossibile, perché è Gesù stesso che vuole operare in noi e per mezzo nostro.

Vediamo (versetto 14) che subito dopo aver parlato di Misericordia viene posto il quesito del digiuno, cioè dell’osservanza di un precetto della Legge. Non è certamente un caso che subito si ponga questa questione, perché Gesù stesso, nella sua Misericordia verso di noi, ci ama esattamente come siamo, perché solo per mezzo del suo Amore possiamo esserne attratti ed allontanarci dal peccato.

Questo implica che il Signore è indulgente e paziente verso di noi per portarci, secondo il nostro passo di marcia, verso il ravvedimento completo.  Allo stesso modo, non dobbiamo avere timore ad essere indulgenti verso i nostri cari, perché il Signore stesso lo è con noi. Cerchiamo sempre la sua Volontà e la sua guida e non contentiamoci delle sante regole, che per quanto buone e giuste, non sono sempre interamente applicabili nel contesto della nostra situa-zione personale e familiare. I figli di Dio camminano secondo lo Spirito di Dio: questo dobbiamo cercare senza posa, per avere la certezza, nella fede, di operare per il Signore e non servire il nostro orgoglio.

È molto facile somigliare ai farisei. Cerchiamo quindi, pregando intensamente, di restare umili e piccoli, perché lo Sposo (lo Spirito Santo) sia sempre con noi, e susciti in noi sia il volere che l’operare secondo i benevoli disegni di Dio. (Filippesi 2,13)

Il testo prosegue ( versetto 15) dicendo che ci saranno giorni in cui “lo sposo sarà tolto loro”. Si può pensare che ci vengano chiesti dei sacrifici da offrire, perché la grazia arrivi in misura sovrabbondante sulle nostre famiglie. Molto spesso è sacrificio rinunciare al gusto della preghiera, per condividere con i nostri cari cose del mondo che ora non hanno più alcun interesse per noi. Il digiuno più prezioso e gradito al Signore è quello del nostro orgoglio. Rinunciare alla dolcezza della preghiera, per andare incontro ai desideri dei nostri cari, coniugi e figli, per rimanere con loro in amorevole condivisione, può essere talvolta un grande sacrificio, che mortifica il nostro orgoglio, ma agli occhi del Signore è una preghiera più gradita e feconda. Ad esempio: se il coniuge desidera fare una passeggiata con noi e noi desideriamo pregare nella nostra stanza, che fare? Cosa sarà più gradito al Signore?

Un’ipotesi è che possiamo fare una passeggiata con il nostro coniuge e con il Signore presente in lui e, facendo questo per amore del Signore e del prossimo, lo faremo volentieri, con rendimento di grazie, e tutto questo sarà preghiera santa e gradita a Dio, che elargirà la sua benedizione.

I versetto 16 indica quello che vorrebbero fare molti di noi, cioè mettere dei rattoppi, fare degli aggiustamenti che non avrebbero nessuna consistenza, anzi produrrebbero un danno ancora maggiore. È solo l’amore che doniamo ai nostri cari che “serve a tutto” ed è la via attraverso la quale il Signore ci raggiunge e li raggiunge, portando la sua grazia che rinnova i cuori. Dobbiamo essere buoni amministratori del nostro tempo.

Gesù rinnova le creature in modo totale e noi siamo chiamati a collaborare con Lui, portando il Suo Amore in ogni dove a cominciare dai nostri mariti, mogli, i figli, genitori.

Non dimostreremo la nostra religiosità pregando molte ore al giorno, se nelle nostre famiglie aleggiano ancora delle incomprensioni. Con questo non intendo dire che bisogna condividere i pensieri dei non credenti, bisogna, invece, restare fermi nella nostra fede, mostrando comprensione e tolleranza verso chi non la pensa come noi. Anche noi dobbiamo odiare il peccato e amare i peccatori. Le nostre famiglie non sono perfette, così come noi non siamo perfetti,  e ci saranno facilmente dei diverbi causati da diversi modi di pensare e di agire, ma noi dobbiamo dimorare nella Pace di Cristo per esserne trasmettitori.

I veri discepoli di Gesù non si riconoscono solo dalle ore che passano in Chiesa, dai pellegrinaggi, o dalle ore di preghiera solitaria, ma soprattutto dall’amore che hanno verso il prossimo. Egli infatti dice:

“Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri”(Giovanni 13,35)

Ricordiamo che l’Amore è fatto di molte attenzioni e soprattutto di molta pazienza. Gesù è sempre il nostro Maestro e ci darà ogni giorno il pane quotidiano della pazienza, se glielo chiediamo con umiltà, così come ci darà la guida specialissima in ogni piccola cosa che riguarda sia la nostra vita personale che familiare.

A volte accade che ci sentiamo nel giusto, mentre pensiamo che so-no gli altri che sbagliano: in questo caso è il nostro egoismo a guidarci e non il Signore. Dovremmo imparare ad “andare incontro” ad ogni richiesta del nostro familiare, purchè non sia in contrasto con la Parola e quindi con la Volontà del Signore. Dovremmo, con tanto amore e tanta pazienza, portare i nostri familiari verso Cristo, donando loro ogni giorno la Misericordia che a nostra volta abbiamo ricevuto e tuttora riceviamo dal Signore.

I nostri familiari ci osservano e, mentre lo fanno, cercano la Verità che abita in noi. Solo per mezzo del nostro buon esempio e della nostra carità potranno avvicinarsi a Cristo, perché le buone parole senza buon esempio lasciano il tempo che trovano o sono addirittura controproducenti.

Riflettiamo sul cammino che abbiamo fatto finora: abbiamo visto e gustato quanto è buono il Signore (Salmo 33,9) e non dimentichiamo che “Buono è il Signore verso tutti, la sua tenerezza si espande su tutte le creature. (Salmo 144,9) Impegniamoci dunque a portare la Tenerezza di Dio nell’ambiente in cui viviamo.

Abbiamo donato la nostra vita a Cristo ed ora gli appartiene: non dobbiamo dimenticarlo. È necessario che rinneghiamo noi stessi, mortificando i nostri desideri, per ascoltare i desideri di chi amiamo. Ogni giorno è come fare un passo in un cammino che dura tutta la vita.

Può accadere che, dopo l’esaltazione iniziale del nostro cammino, quando lo Spirito Santo si è fatto Presente nella nostra vita ed ha suscitato tante emozioni in noi, ci siamo immessi in un circolo di idee religiose che abbiamo razionalizzato ed abbiamo cercato di farci un’idea di come dovremmo essere e comportarci per piacere a Dio. In tutto questo, che può sembrare buono, si può nascondere l’inganno di voler ancora vivere secondo il nostro volere e non secondo il Volere di Dio. Questo mi ricorda il comportamento dei Galati, che San Paolo rimproverò con le seguenti parole: “Siete così privi d’intelligenza che, dopo aver incominciato con lo Spirito, ora volete finire con la carne?” (Galati 3,3) E, successivamente, afferma: “ Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare i desideri della carne”.

I desideri della carne sono anche i desideri del nostro egoismo, che si compiace di vivere una religiosità che vorremmo pianificata secondo i nostri desideri e schemi e che non sono cosa cattiva in sé, ma non sempre sono quanto Dio desidera da noi. Ricordiamo che dobbiamo cercare sempre e in ogni cosa la Volontà di Dio e siamo certi che essa sia nel camminare secondo lo Spirito.

A mio avviso ci sono errori che molti fanno con frequenza e senza neppure rendersi conto e ne vorrei citare qualcuno perchè possa es-sere oggetto di riflessione:

La sessualità coniugale, quando non c’è comunione di fede, è sempre un grande problema per noi, ma non lo è affatto per il Signore. Pregando e confidando in Lui chiediamo la guida dello Spirito Santo, per essere condotti verso la meta che il Signore ha per noi e cioè la santificazione della coppia, perché Dio ci vuole santi insieme ai nostri coniugi. Possono esserci domande sulle quali non sappiamo con chi confrontarci e a cui chiedere consiglio, ma abbiamo il Signore con noi: Colui che scruta i nostri cuori conosce perfettamente le nostre domande segrete e vuole guidarci in ogni istante della nostra vita. Se chiediamo quello che Lui vuole donarci, non siamo forse certi di averlo già ottenuto? Questo noi crediamo, perché così dice la Scrittura. E noi sappiamo che Dio vuole guidarci nel difficile cammino della vita, quindi, quando chiediamo la sua Guida, sappiamo di averla ottenuta; rimane il passo forse più difficile: CREDERE.

Il fatto stesso che ripetiamo le solite domande al Signore, chiedendo sempre le solite grazie, significa, invece, che non abbiamo la fede di averle ottenute. Crediamo quindi, e procediamo il cammino secondo lo Spirito, avendo fede nel nostro Buon Pastore, che ci guida uno per uno. È bene ricordare che, quello che può essere peccato per un’anima, non è considerato peccato per un’altra anima e proprio in questo sta la giustizia di Dio: in una Misericordia infinita, che tiene conto delle situazioni interne ed esterne di ogni persona.

A riguardo dei coniugi ci sarebbero tante cose da dire. Lo Spirito Santo ci guidi sempre e in tutto. Io credo che sia una mancanza di carità verso il coniuge (e i figli) sottrarre molto tempo alla famiglia a causa di telefonate che facciamo o riceviamo con i fratelli di fede o a causa di aiuto spirituale ai fratelli bisognosi. Dobbiamo essere certi che il nostro sposo/sposa non si senta trascurato e che il bene che crediamo di fare ai lontani, non sia causa di sofferenza ai prossimi più prossimi: i nostri familiari. Lo stesso riguardo andrebbe usato nelle offerte di denaro: dobbiamo essere certi di non sottrarre nulla alla famiglia. Priviamoci noi di ogni spesa inutile, ma non imponiamo le nostre scelte agli altri. Queste cose possono sembrare ovvie, ma non lo sono per tutti.

L’educazione dei figli ci può mettere spesso in difficoltà, perché dimentichiamo il Signore, che è Padre nostro e Padre dei nostri figli. Dimentichiamo che il Suo Amore per i nostri figli è infinitamente più grande del bene che nutriamo noi per loro. Dimentichiamo che dobbiamo essere strumenti di Dio anche verso i nostri figli. Un atteggiamento troppo duro li può indurre alla ribellione, mentre un atteggiamento troppo indulgente non sarà educativo e non li formerà alla vita. Sono nostri solo a causa dell’amore: abbiamo il dovere di amarli con tutto noi stessi, ma senza egoismi, senza proiettare su di loro i nostri desideri e volere che essi siano per noi un vanto. Non dobbiamo presentare loro scelte già fatte (a parte nella prima infanzia), ma dobbiamo insegnare loro a fare le proprie scelte e a cercare lo scopo della vita. Dobbiamo portarli a Cristo con la preghiera e il buon esempio. Cristo è un Dono e la nostra religione è la Santissima Trinità, che vive in noi.

I nostri anziani genitori che vivono la “sera della vita” sono spesso afflitti da malattie e molto bisognosi. Non dimentichiamo che dobbiamo “onorarli” fino all’ultimo giorno, secondo le nostre possibilità, assistendoli con premura. Ma, se la loro assistenza dovesse essere a discapito della salute o contrastare con le necessità familiari, non dobbiamo avere sensi di colpa se cerchiamo soluzioni alternative. Anche in questo cerchiamo di camminare secondo lo Spirito, perché non sia mai il nostro egoismo a prevalere, ma le nostre scelte siano in accordo con la Volontà del nostro Dio. Con tutti cerchiamo di avere pazienza e dolcezza, imparando da Gesù, Mite e Umile di Cuore.

Ripropongo alla vostra attenzione il versetto iniziale :  “Se poi qualcuno non si prende cura dei suoi cari, soprattutto di quelli della sua famiglia, costui ha rinnegato la fede ed è peggiore di un infedele”. ( 1 Timoteo 5,8)

Sono parole forti e vere: se non abbiamo cura dei nostri cari, abbiamo rinnegato la fede e siamo peggio dei non credenti!

Se, invece, siamo fedeli alla nostra fede nella quotidianità dei nostri giorni e camminiamo secondo lo Spirito in tutte le ore, ottemperando con diligenza e amore ai nostri doveri familiari, godremo i  frutti delle nostre opere, perché saranno benedette dal Signore.

Se poi abbiamo desiderio di servire il Signore con tutto noi stessi, incominciamo dalle piccole cose e umiliamoci, perché il Signore esalta gli umili. Egli infatti ci dice che “Chi è fedele in cose da poco conto, è fedele anche in cose importanti. (Lc 16,10).

Viene facile pensare che, se  Lui ci trova fedeli nello svolgere il nostro ruolo in famiglia, ci ricompenserà donandoci grazie in abbondanza e un incarico, come suoi servi, sempre più grande e importante.

Concludo come ho iniziato, cioè con la Parola di Dio, viva ed efficace per coloro che credono:

“Il Signore guidi i vostri cuori all’amore di Dio e alla pazienza di Cristo” (2 Ts. 3,5)

Dio sia benedetto

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