Meditazione di Benedetta: Pietro e Giuda


Pietro e Giuda furono entrambi discepoli di Nostro Signore, di Colui che essendo Onnisciente sapeva come si sarebbero comportati nella prova. E tutto accadde secondo la Sovrana Volontà di Dio e il libero arbitrio umano. Entrambi i discepoli furono sottoposti alle tentazioni del diavolo.

 

Consideriamoli in parallelo: Pietro fu chiamato “satana” dal Signore quando lo aveva rimproverato per aver detto che sarebbe stato crocifisso. (Mt 16,23)

Giuda fu chiamato “diavolo” quando Gesù aveva promesso il Pane di vita. (Gv 6.70)

 

A entrambi furono lavati i piedi nell’ultima cena, segno dell’Amore Infinito di Dio. (Gv 13, 4-11)

Sotto tentazione Giuda consegnò Gesù per trenta denari e Pietro lo rinnegò per tre volte: entrambi furono, sebbene in modo diverso, traditori.

 

La tentazione in Giuda sembra più forte ed astuta ma è da presumere che lui fosse più debole in fede e carità. Il demonio, dunque, lo convince e lui tradisce il Signore con un bacio. (Lc 22,48)

Gesù lo chiama “amico” nel momento del tradimento, quale fosse un ultimo richiamo.

Poi il demonio porta Giuda a un pentimento che definirei egoistico. Lui si pente di quello che ha fatto, riconoscendo che ha tradito sangue innocente (Mt 27,4) davanti ai capi dei sacerdoti, gettando le monete nel tempio. A questo punto il demonio lo porta alla disperazione perchè il suo rimorso era solo odio di sé e l’odio di sé è suicida.  Giuda aveva riconosciuto il suo peccato, ma in quel pentimento c’era solo egoismo, quindi ulteriore peccato, che lui stesso non poteva perdonarsi. Giuda si era pentito verso sé stesso e non verso il Signore.

 

Si può suppore che, se Giuda tradì per interesse, Pietro rinnegò tre volte il Signore per paura. Ma anche la paura è una tentazione del nemico, che quella notte ebbe il sopravvento sul carattere impetuoso di Pietro. Poi il Maestro, in catene, si voltò e lo guardò e quello sguardo bastò per richiamare a Sè il discepolo che era stato designato come capo della chiesa. Pietro uscì e pianse amaramente perché amava Gesù. (Mt 26,75)

 

Fu l’amore che fece la differenza sulla sorte dei due discepoli chiamati dal Signore.

Giuda amava sé stesso e si condannò, Pietro amava il Suo Signore e il suo amore lo salvò.

Giuda giudicò sé stesso perché era incentrato su sé stesso, mentre Pietro amava il Signore e le sue lacrime erano espressione del pentimento per averlo tradito.

 

San Paolo ci dice: “La tristezza secondo Dio produce un pentimento irrevocabile che porta alla salvezza, mentre la tristezza del mondo produce la morte.” (2 Cor 7,10) Mi sembrano Parole adatte a quelle circostanze.

 

Anche noi siamo soggetti alla tentazione, anche noi siamo colpevoli di peccati o mancanze d’amore verso Dio e verso il prossimo e quindi di tradimenti o rinnegamenti del Signore nostro.

La domanda di cui dovremmo cercare risposta nell’anima è: quale tipo di pentimento proviamo?

Siamo addolorati per aver offeso il Signore e andiamo a Lui con cuore umile e contrito?

Oppure in primis ci arrabbiamo con noi stessi perché non siamo bravi come vorremmo e poi andiamo dal Signore a chiedere perdono per ripulirci la coscienza?

Print Friendly, PDF & Email