47. Intercessione


Facciamo qualche riflessione su come i Vangeli ci descrivono la Morte di nostro Signore. Matteo e Marco riportano Parole quasi identiche, mentre Luca precisa quali furono le Parole gridate da Gesù: sono la consegna della vita al Padre. Sappiamo infatti che il respiro è simbolo della vita: quando si nasce si inspira e il respiro rimane la costante della vita fino a quando, al momento della morte, si espira per l’ultima volta. Così la vita quaggiù finisce. Consideriamo, quindi, il respiro come simbolo della vita terrena. Il respiro ci è stato donato da Dio e a Dio deve ritornare.

 

  •   “E Gesù, emesso un alto grido, spirò”.(Mt 27,50)
  •   “Ma Gesù, dando un forte grido, spirò”. (Mc 15,37)
  •   “Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo spirò”. (Lc 23,46)

 

Giovanni è un mistico e sa cogliere delle sfumature che sembrano sfuggire ai sinottici.

Secondo la sua versione le ultime Parole di Gesù furono: “Tutto è compiuto”, dopodichè chinò il Capo e spirò. La cosa strana è che normalmente un uomo china il capo senza vita dopo aver emesso l’ultimo respiro. Per Gesù, invece, vediamo una successione inversa. Perché? Ovviamente possiamo fare solo delle ipotesi e la più logica ci fa pensare che il Signore, pur rendendo lo spirito al Padre, volle donarlo al discepolo prediletto che stava sotto la Croce insieme a sua Madre. L’ultimo gesto d’Amore di Colui che volle donare TUTTO Se stesso. E’ un pensiero commovente!

  • “…… Gesù disse: «Tutto è compiuto!». E, chinato il capo, spirò”. (Gv 19,30)

Oserei paragonare questo Gesto a un’effusione discreta e nascosta dello Spirito di Vita donato a Giovanni che stava presso la Croce addolorato. Posso pensare che lui, nel suo dolore, pregava il Padre di intervenire. Posso ragionevolmente supporre che Giovanni, in quei momenti, ancor più che in altri, faceva l’intercessore per tutti: per Gesù, per sua Madre, per i discepoli e per i peccatori che avevano crocifisso il suo Signore.

 

Una seconda considerazione è sul motivo per cui Giovanni era “il discepolo che Gesù amava”. Sappiamo bene che Dio non fa preferenze di persone e ama tutti indistintamente. Forse Giovanni amava Gesù più degli altri discepoli? Forse era per questo che ebbe il coraggio di rimanere con Lui fino alla fine? Perché?

Sappiamo che Dio ci ama per primo, perché Lui è l’Amore, e sappiamo anche che solo i cuori umili sanno accogliere in pienezza l’amore che viene loro donato. In questa logica Giovanni si era lasciato amare più di altri da Dio e, di conseguenza, aveva più amore nel suo cuore: amore per Dio e per i fratelli. Aveva un “cuore di fanciullo”, puro e umile, che si lasciava amare. In questo modo io interpreto che Giovanni era “il discepolo che Gesù amava”.

 

Vorrei considerare ora la figura di Giovanni come intercessore, perché possa essere un riferimento per tutti noi che vogliamo fare un cammino di preghiera.

Giovanni sta presso la Croce e vede la sofferenza di Gesù e sua Madre e ne prova compassione. Credo che in quei momenti Gesù, Maria e Giovanni sono attori e spettatori di un’immensa sofferenza che viene condivisa, mentre la preghiera sale al Padre come da un Cuore solo e un’Anima sola. Una sola preghiera, la più santa, la più vera, quella che tutti conosciamo: “Padre, sia fatta la Tua Volontà!”

Poi Gesù muore, viene sepolto e i discepoli sono tristi e delusi, perché hanno visto svanire le loro speranze. Ma il Signore, dopo tre giorni, risorge e rimprovera la loro incredulità. Egli impiega ben 40 giorni per convertire i loro cuori affranti alla gioia. E’ questo un fatto degno di nota, perché anche per noi potrebbe essere difficile rinunciare alla tristezza e alle preoccupazioni per vivere la beatitudine della fede in Dio. (“E beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore”. Lc 1,45)

Print Friendly, PDF & Email