38. La santa Messa (5)


Nella liturgia della santa Messa l’Alleluia viene cantato prima della proclamazione del  Vangelo. “Alleluia” è un termine composto da due parole ebraiche (allelu-Ja) il cui significato è “lodate Dio”. E’ questo un termine frequente nella Bibbia, soprattutto nei cosiddetti salmi alleluiatici, e lo troviamo anche nell’Apocalisse: “Udii poi come una voce di una immensa folla simile a fragore di grandi acque e a rombo di tuoni possenti, che gridavano: Alleluia” (Ap. 19,6). Nel paradiso è cantato incessantemente dai beati che, nella gioia eterna, proclamano senza sosta la gloria del Signore.

 

Quando  cantiamo l’Alleluia vogliamo lodare Dio per la buona Novella del Vangelo e ringraziare per le Parole di vita che stiamo per ascoltare. Il sacerdote annuncia quale passo sarà proclamato in quella celebrazione e noi facciamo il triplice segno di croce (sulla fronte, sulle labbra e sul petto). Questo gesto, ricco di significati, risale al XI secolo ed ha anche lo scopo di attirare su di noi la benedizione di Dio.

 

A differenza delle precedenti letture, durante la proclamazione del Vangelo stiamo tutti in piedi, perché ascoltiamo la lettura più importante della Messa: è Gesù in Persona che si rivolge a noi. Con il nostro rimanere in piedi manifestiamo la nostra adorazione, stima, amore e gratitudine a Gesù, perché grazie a Lui siamo dei figli riscattati. Le sue Parole sono di salvezza ed hanno il potere di guarirci nell’anima e nel corpo. Hanno la stessa efficacia di quando, duemila anni fa, furono pronunciate da Gesù, perché Lui “è sempre lo stesso, ieri oggi e sempre”.(Eb 13.8)

La Parola di Dio, se viene ascoltata con il cuore, produce guarigione, perché Dio parla al suo popolo con potenza, invitandolo a ricevere il suo amore che guarisce. Gesù stesso ci ha detto : “Le parole che io vi ho detto sono spirito e vita. (Gv 6,63)

E l’apostolo di Lui afferma : “questo Figlio, che è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza e sostiene tutto con la potenza della sua parola. (Eb 1,3) Quando ascoltiamo il Vangelo noi ascoltiamo Colui di cui è scritto: “Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. (Gv 1,14)

 

Purtroppo corriamo il rischio di non prestare molta attenzione alla proclamazione del Vangelo, perché crediamo di conoscere bene quei brani per il solo fatto di averli letti, ascoltati e meditati tante volte. Questo atteggiamento denota che abbiamo poca fede e che consideriamo le parole del Signore come le nostre! C’è una differenza abissale, invece, tra le nostre povere parole e la Parola di Dio, che è viva ed efficace per coloro che credono. Voglio sperare che il nostro atteggiamento sbagliato sia dovuto solo ad ignoranza e non a presunzione.

Sarebbe utile rivedere la parabola del seminatore (Mc 4,1-20) e, ancor di più, pregare la Santissima Vergine, Madre di Dio e Madre nostra, che disponga i nostri cuori all’accoglienza di Dio che viene a noi come Parola creatrice, redentrice e santificatrice!

 

Segue poi l’OMELIA in cui il sacerdote ha il compito di completare e commentare la Parola di Dio rievocata dalle Sacre Scritture proclamate, applicandola alle situazioni del momento. Quando il messaggio del Vangelo viene spiegato con l’unzione dello Spirito Santo, emergerà un pensiero, un’ispirazione o una provocazione che aiuterà l’ascoltatore ad aprirsi maggiormente all’amore di Dio, che tutto risana. L’efficacia dell’omelia non dipende solo dal sacerdote, ma anche dalla disposizione del cuore di chi ascolta. Dobbiamo constatare che ci sono predicatori eccellenti, e di questo ringraziamo Dio, ma non tutti i ministri lo sono. Ringraziamo Dio anche per i predicatori più scarsi, perché sappiamo e crediamo che lo Spirito Santo si serve di tutti per raggiungerci e beneficarci. Rinunciamo, quindi, a giudizi e pregiudizi, perché le Vie del Signore non sono le nostre vie e le Parole del Signore non sono le nostre parole.

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