14. Le paure della vita


Dopo il peccato l’uomo ha avuto paura di Dio e si è allontanato da Lui, perché sapeva di meritare il castigo. Ha cominciato a ripiegarsi su se stesso e voleva dirigere da solo la propria vita, perché aveva perso la fiducia nel suo Creatore. Anche oggi la mancanza di fede è causa di grandi paure e sofferenze. Tra noi credenti, invece, è spesso troppo scarsa per permetterci di vivere serenamente.

San Paolo ci dice che “l’ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte”(1Corinzi 15,26) ed io ho sempre pensato che il penultimo sia la paura. Di cosa abbiamo paura? Basta ascoltare i nostri pensieri, i discorsi che facciamo, le confidenze dei nostri amici e le conversazioni in genere per rendersi conto che tutti, più o meno, siamo afflitti da qualche paura. Se abbiamo buona salute, possiamo avere paura di perderla; se siamo ammalati, ci preoccupiamo di un eventuale peggioramento. Se abbiamo scarse possibilità economiche, temiamo di perderle, se abbiamo problemi o difficoltà di tutti i  generi, abbiamo paura di non riuscire a risolverli. Temiamo di perdere l’affetto delle persone care, ecc.. ecc..

La paura ci fa soffrire, portandoci tormento e angoscia, perché ingigantisce le nostre preoccupazioni. Gesù, come leggiamo nel Vangelo, ci ha esortato più volte a non avere paura. Ma questo non poteva bastare e allora Lui, che come Dio non poteva avere paura di nulla, volle prendere su di Sé tutte le paure di tutti gli uomini di tutte le generazioni. Lo troviamo in questa dolorosa esperienza all’inizio della sua Passione quando: “Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia. Disse loro: “ La mia anima è triste fino alla morte.” (Marco 14,33-34). Ecco: in quel momento Egli prese su di Sé le paure di tutti, anche le vostre e anche le mie.

Il Signore Gesù visse la sua Passione più di duemila anni fa, come posso pensare oggi che Lui si è caricato delle nostre sofferenze e si è addossato i nostri dolori. (cfr Isaia 53,4). Come posso pensare che in quel tempo Lui sia stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti? (cfr Isaia 53,5)

Qui ci vuole fede per accogliere un mistero che non posso capire. Da piccola creatura quale sono, credo che, in un modo che non posso comprendere, io (e tutti) ero presente nell’ora della Passione del Salvatore. La vita terrena di Gesù si svolse più di duemila anni fa ed io vivo oggi. Come è possibile che io allora fossi presente nella sua Vita? Io credo che allora io fossi presente nel Cuore di Cristo, quel Cuore che è sia Divino che Umano. Tutta la mia vita era già presente nel suo Cuore anche se io dovevo ancora nascere. Egli, era vero Uomo e vero Dio, quindi Onnisciente: come Uomo potè vivere nella sua Carne le sofferenze di tutti gli uomini e come Dio ebbe potere di salvarli, liberandoli da ogni male perché era Onnipotente.

Nella sua Passione, Morte e Risurrezione il Signore Gesù mi ha ottenuto la grazia di essere liberata al peccato e da tutte sue conseguenze, tra le quali la paura, che ora stiamo prendendo in considerazione.

Se voglio, posso credere che, nel suo Amore Infinito, Gesù Cristo ha preso su di Sé i miei peccati e le mie paure, per inchiodarli in Lui sul legno della Croce. Se voglio, posso credere di essere stata liberata e guarita da Lui, secondo la Volontà del Padre Celeste. Se voglio, posso credere nell’Amore smisurato di Dio per me e per tutti.

A questo punto si possono verificare due ipotesi: se non credo, rimango come sono, che mi piaccia o no. Se, invece, credo in Gesù Cristo, mio Dio e mio Redentore, apro il cuore per ricevere oggi la grazia che Lui mi ha ottenuto duemila anni fa. Se credo, mi prostro davanti a Lui con amore e gratitudine e voglio seguirlo ovunque Egli vada, perché un Amore così Grande merita di essere corrisposto con tutto se stessi.

Sono chiamata a fare la mia scelta, così come la fecero i due malfattori che vennero crocifissi, uno alla destra e uno alla sinistra di Gesù. Dice la Scrittura: Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!». Ma l’altro lo rimproverava: «Neanche tu hai timore di Dio e sei dannato alla stessa pena? Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male».  E aggiunse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso». (Luca 23,39-43)

Forse ci possiamo identificare con questi due malfattori i quali, però, ebbero due atteggiamenti molto differenti. Il primo chiese salvezza con superbia e arroganza, mentre il secondo fu umile e giusto. Non sappiamo se Gesù degnò di risposta il primo, mentre sappiamo bene la risposta che diede al secondo.
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