49. Intercessione (3)


Anche tra credenti circolano false convinzioni: ci sono alcuni che affermano di assorbire come spugne e, per tale ragione, non possono fare l’intercessione, perché non potrebbero sopportare un accumulo di dolori. Qui manca la fede e la carità e dubito che questi pensieri possano venire da Dio. Consideriamo che il nostro Maestro ha guarito e liberato e non ha assorbito quel male che ha allontanato dagli uomini. Qualcuno potrebbe dire che Lui era Dio, mentre noi siamo solo poveri peccatori, ma allora perché ci ha insegnato ad avere amore e compassione per i fratelli?

La verità è che siamo costituiti a Corpo Mistico e “siamo membra gli uni degli altri”. Questo significa che la sofferenza altrui ci riguarda comunque e pregare per i fratelli porta beneficio anche a noi.

 

In certi casi può accadere che il Signore ci chieda di condividere il dolore di una persona ed è una grazia che riconosciamo dal fatto che ci spinge ad entrare in un rapporto più profondo con Dio e con gli altri. Sapremo riconoscere questa particolare chiamata dalla gioia che proveremo anche nel dolore.

 

La preghiera di intercessione ci deve lasciare migliori: con più fede, con più Pace, con più Amore e ci deve portare alla gioia, perché portiamo i bisogni a Cristo, il nostro Salvatore e Causa della nostra gioia presente e futura.

Perché questo non accade? Forse perché ci fermiamo alla compassione e non facciamo il passo successivo, che è quello della consegna al Signore. In questo caso non abbiamo messo Dio al primo posto, ma ci siamo fermati nel nostro egoismo.

Un altro errore frequente è quello di concentrarsi sui problemi: non dovremmo trattenerli nel cuore, perchè dobbiamo ricapitolare ogni cosa in Cristo!

 

La fede: Gesù ci insegna che la fede è la chiave della preghiera e in tutto il Vangelo ripete, con insistenza, quanto essa sia essenziale. Ricordiamo ora un solo passo di Scrittura: “Per questo vi dico: tutto quello che domandate nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi sarà accordato”. (Mc 11,24)

Chiedere con fede presuppone di riconoscere che Dio è immensamente Buono e desidera sollevarci dalle nostre indigenze, arricchirci con la sua grazia, liberarci da ogni male, guarirci nel corpo e nello spirito e provvederci ogni cosa che ci sia necessaria. Dio è un Padre pietoso, lento all’ira e grande nell’Amore. Se crediamo alla verità, ed è questa, abbiamo fede per ottenere grandi miracoli. E’ necessaria anche tanta umiltà, per andare a Lui con la giusta disposizione.

 

Come si diceva, un grande errore, quando chiediamo grazia al Signore, è quello di fossilizzarci sui nostri o altrui problemi e di non innalzare lo sguardo della fede a Lui. Non mettiamo il Creatore al primo posto ma le creature, non riusciamo a dare le ali alla nostra preghiera, perché forse abbiamo paura di rimanere delusi.

Altre volte non siamo costanti e non sappiamo attendere di essere esauditi, nei tempi e nei modi che il Signore ritiene più opportuni. La costanza è espressione di speranza, di buona volontà e di amore. Dio non è lento nell’esaudirci, ma siamo noi che possiamo avere bisogno di tempo per crescere nell’umiltà, nella fede e nell’abbandono in Dio. Può anche essere necessario del tempo di attesa, perché Signore fa evolvere le situazioni secondo il massimo bene di tutti e di ciascuno.

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